Intesa a Bruxelles contro il lavoro forzato. Parlamento e Consiglio dell’Unione europea, infatti, hanno raggiunto un primo accordo per mettere al bando prodotti realizzati attraverso pratiche di lavoro forzato, che drammaticamente hanno riguardato, secondo le stime sul 2021 delle istituzioni europee, oltre 27 milioni di persone (tra cui minorenni) in tutto il mondo.
Il nuovo regolamento, si legge sul sito del Parlamento europeo, prevedrà che venga vietata l’immissione sul mercato comunitario, o l’esportazione, di qualsiasi prodotto che si macchi di lavoro forzando, creando un quadro per far rispettare questo divieto, anche attraverso protocolli d’indagine, strumenti informatici e cooperazione con altre autorità o Paesi.
Secondo il testo concordato, nello specifico, le autorità nazionali o, nel caso in cui siano coinvolti Paesi terzi, la Commissione europea, indagheranno sul sospetto utilizzo del lavoro forzato nelle catene di approvvigionamento delle aziende interessate. Se l’indagine dovesse concludere che sia stato impiegato il lavoro forzato, le autorità possono chiedere che i beni in questione vengano ritirati dal mercato dell’Ue e dai mercati online, oltre che confiscati alle frontiere per poi quindi venire donati, riciclati o distrutti. Quelli di importanza strategica o critica per l’Unione possono essere trattenuti fino a quando l’azienda non avrà messo in regola la propria supply chain. Per le aziende che non si adegueranno al regolamento, saranno previste delle sanzioni pecuniarie.
Su insistenza del Parlamento, la Commissione elaborerà inoltre un elenco di settori economici specifici in particolari aree geografiche in cui esiste il lavoro forzato imposto dallo Stato. Questo diventerà poi un punto di partenza per valutare la necessità di aprire un’indagine al riguardo.
“Questa legge – ha commentato la deputata Samira Rafaela, correlatrice del testo – è innovativa nel campo dei diritti umani. Ciò impedirà ai prodotti del lavoro forzato di entrare nel nostro mercato. E ha diversi riferimenti alle soluzioni in merito. Si tratta di un passo avanti verso il raggiungimento del commercio equo e le regolamentazione delle catene di approvvigionamento, dando priorità ai diritti umani. Per combattere il lavoro forzato e imposto dallo Stato, dobbiamo lavorare con partner che la pensano allo stesso modo e diventare un forte alleato nella lotta globale contro il lavoro forzato”.