La domanda di fashion made in Italy mantiene saldo, almeno per il momento, il trend positivo all’estero ma in un contesto che, comunque, accenna a qualche nube all’orizzonte e comunque un leggero ridimensionamento. A confermarlo, dopo i dati rilasciati da Cnmi nella conferenza di presentazione di Milano Moda Donna, è anche l’ultimo report di Sace, che illustra come nei primi sei mesi dell’anno il valore dell’export italiano, trainato dalle vendite di abbigliamento e pelli e accessori, ha registrato un incremento del 5,6% superando l’export totale, che ha segnato un +4,1 per cento.
Secondo le previsioni della società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, complessivamente nel 2023 la crescita dell’export dovrebbe assestarsi al 4,6% e proseguire pressoché su questi ritmi anche nel prossimo triennio con +3,7% medio, “potendo contare su una attenzione crescente verso la qualità e la sostenibilità” – precisa lo studio. In particolare, nei prossimi tre anni l’Italia intensificherà la propria quota export negli Emirati Arabi Uniti (+7%), in Polonia (+5,5%) e in Corea del Sud (+5,1%).
Seppur a ritmi più contenuti rispetto a quelli double digit dello scorso anno, rimane positivo anche il fatturato delle industrie del comparto moda, sebbene, in questo casi, si possa notare un andamento a due velocità che, come tradizionalmente accade nel settore della moda tra settori a monte della filiera e a valle, potrebbe presupporre un possibile ridimensionamento dello sprint di crescita. Nella prima metà dell’anno il comparto moda ha visto i propri ricavi crescere complessivamente del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sia sul mercato interno sia sui mercati esteri. La performance, superiore alla media manifatturiera (+3%), è stata trainata in particolare dall’abbigliamento con un balzo del 17%, “compensando la dinamica più fiacca delle pelli e del tessile”, si legge del report.
In aggiunta, l’andamento dei prezzi alla produzione, ossia al primo stadio di commercializzazione, continua a essere favorevole per il settore grazie a un incremento del 7,4% registrato tra gennaio e giugno.
Parallelamente, a segnare un calo è stato invece il volume della produzione, che ha visto una flessione del 4,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A livello di comparti, a spiccare rimane l’abbigliamento con un leggero incremento tendenziale dell’1,6 per cento. “In generale – si legge nello studio -, la dinamica negativa sta risentendo del raffreddamento del ciclo manifatturiero, che riflette a sua volta sia un calo fisiologico dopo la forte ripresa post-Covid sia la perdita del potere d’acquisto dei consumatori causato dall’inflazione elevata. In termini di prospettive nel breve termine, il clima di fiducia delle imprese della moda è risultato in lieve deterioramento, per i timori di un ulteriore indebolimento della domanda nazionale e estera”.