Si è a lungo parlato di come sarebbero stati i ‘nuovi’ uffici, quelli del ritorno, del dopo lockdown. Per la verità se ne parla ancora molto e si stanno prendendo le misure con qualcosa che sembra oggi a tratti arcaico e anacronistico: una scrivania, una sedia, un computer. Tutto qui? No, o almeno solo in parte. Gli spazi si allargano e fanno posto a palestre, cucine in condivisione, sale lettura. Le pareti si riempiono di opere d’arte, i corridoi di piante. ‘Il benessere del lavoratore al centro’, tuona il mantra. Ma siamo solo al primo passo dall’averlo ben compreso. Nel frattempo sono proprio gli uffici a trainare gli investimenti nel real estate (nei primi 9 mesi del 2022 hanno raggiunto 4 miliardi di euro). E se c’è chi è pronto a investirci una considerevole quantità di capitali, significa che il lavoro c’è, la voglia di frequentare gli spazi deputati pure. E sono proprio i tenants a chiedere di rinnovare i luoghi, spingendo legislatore e investitori a correre ad adeguare la cornice normativa e l’obiettivo dell’investimento. In poche parole, al lavoro si vuole stare bene, è diventata una condizione imprescindibile. Un capitolo, il benessere dei lavoratori, il wellbeing, che oggi ha un peso nei bilanci di sostenibilità tanto quanto il Carbon Footprint. E se i costruttori, ingegneri e architetti sono al lavoro per inventare spazi che siano adeguati ai nuovi dictat, anche lo sforzo creativo e propositivo delle aziende dell’arredamento deve stare al passo, con una ulteriore accelerazione verso quell’ecodesign che deve trovare riscontro lungo tutte le fasi della catena produttiva.