Approvata dall’Unione europea la stretta sulla supply chain delle aziende. Per il via libera alla direttiva sulla due diligence che imporrà alle aziende comunitarie di verificare la legittimità della propria catena di approvvigionamento era necessaria una maggioranza qualificata di 15 Paesi dell’Ue che rappresentassero il 65% dell’istituzione.
La votazione, precedentemente saltata per via dell’astensione di Germania e Italia, passerà poi al voto finale del Parlamento e Consiglio europeo, dove ci si aspetta verrà definitivamente appoggiata. Nella giornata di venerdì sono stati 17 gli ambasciatori dei 27 paesi dell’Ue a sostenere la legge nota come ‘Corporate Sustainability Due Diligence Directive’ (Csddd).
Si è trattata, però di una vittoria al ribasso per una proposta legislativa nata con l’intento di monitorare la responsabilità sociale dei player che popolano le filiere dell’Unione europea: oggetto della direttiva, infatti, saranno soltanto le grandi aziende con un fatturato non inferiore ai 450 milioni di euro e con un parterre di almeno mille dipendenti. A beneficiarne, oltre alla Francia che ha ottenuto, in cambio della propria approvazione, l’esclusione dal perimetro della legge del settore finanziario, la Germania e soprattutto l’Italia, che vede interessate dal quadro normativo solo 737 aziende sulle 2.260 contemplate dalla proposta dello scorso dicembre.
Con un’economia che poggia prevalentemente su piccole e medie imprese, il Belpaese ha premuto affinché queste venissero escluse dalla due diligence, raggiungendo un accordo che ha suscitato lo scetticismo perfino di Business Europe, confederazione delle imprese europee, che avrebbe invitato a un’ulteriore discussione, si legge su Il Manifesto. Intanto, Palazzo Chigi festeggia sul compromesso raggiunto: “Abbiamo dimostrato che oggi a Bruxelles c’è un’Italia che non si arrende a soluzioni che penalizzano la nostra industria, ma che è capace di continuare a negoziare fino alla fine”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni.