“Migliaia sono le scarpe, le borse, le cinture e i capi di abbigliamento in pelle che vengono presentati e la gran parte di questi prodotti (possiamo tranquillamente affermare, senza il rischio di essere smentiti, in una percentuale pari al 80-90%) sono stati realizzati, in poche settimane, da questa filiera integrata made in Italy”. La filiera, di cui parla Flavio Sciuccati, senior partner di The European House – Ambrosetti e direttore Global Fashion Unit, è quella della pelle. Un comparto che, dai macchinari al prodotto finito passando dalle concerie, conta nel complesso su 130mila addetti e genera un fatturato di oltre 30 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 6 miliardi, pari al 3% del valore aggiunto generato dal manifatturiero italiano.
A ricordarlo, l’evento tenutosi ieri a Milano, presso lo spazio Lineapelle, che ha visto confrontarsi le associazioni di categoria Unic – Concerie Italiane, Assocalzaturifici, Assopellettieri e Assomac riguardo a temi e sfide della filiera, ramificata in quattro settori: le tecnologie di settore, le pelli conciate, la pelletteria e le calzature. Nel 2022, sottolineano i dati che fanno da sfondo all’incontro, l’Italia si è riconfermata primo paese esportatore a valore in Europa per quel che riguarda le quattro colonne portanti della industry, con un valore delle esportazioni valso circa 27 miliardi nell’anno passato (+15% sul 2021). Di questi, circa il 45% di calzature e il 40% di pelletteria, con destinazioni diversificate verso Europa, Stati Uniti, Corea del Sud e Cina tra le prime destinazioni.
Il saldo commerciale di queste quattro filiere si aggira attorno ai 15 miliardi di euro (nello specifico, 1,7 miliardi per la conceria, 7,2 miliardi per la pelletteria, 5,4 miliardi per la calzatura e 300 milioni per la tecnologia). Tra i settori del made in Italy (insieme ad Automotive, Arredo e Food), ha il più alto saldo commerciale in termini assoluti e tutte, con tutte e quattro le filiera in positivo.
A trainare la performance, spiega Ambrosetti, il posizionamento delle filiere made in Italy nella fascia alta del mercato: l’Italia, infatti, è il primo produttore di calzature e pelletteria nell’alto di gamma, rappresenta il 60% delle pelli conciate in Europa e spicca nelle tecnologie d’avanguardia di settore.
Al centro della riflessione, il consueto tema della sostenibilità. I portavoce delle associazioni hanno sottolineato la natura derivativa della pelle, sottoprodotto dell’industria alimentare, in quanto tale già di per sé materiale di scarto e quindi inserito in un processo di riuso virtuoso. “La pelle italiana non vede riconosciuti i propri meriti”, ha sottolineato Riccardo Braccialini, vicepresidente di Assopellettieri, facendo riferimento agli sforzi per la transizione green e allo spesso scarso sostegno fornito dalle istituzioni, soprattutto alle piccole e medie imprese, si aggiunge Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici. E poi la questione della formazione e della carenza di manodopera, tra le nuove esigenze dei giovani e i tentativi della filiera di rendersi più attrattiva, anche grazie all’implementazione di sempre più sofisticate tecnologie che “non devono sostituire l’uomo – sottolinea Mavi Brustia, presidente di Assomac – ma migliorare le fasi di lavorazione a scarso valore aggiunto”.